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GEROGLIFICI


 

Oltre che vivace ed esteticamente fantasiosa, al nostro occhio la scrittura geroglifica può apparire approssimativa, poco articolata, forse infantile, poco dotata della possibilità di esprimere una grande varietà di vocabolario e di concetti astratti; invece la sua elaborazione l’ha condotta ad un sistema completo di rappresentazione della parola e del pensiero umani. Ne è riprova la letteratura egizia che in geroglifico ha tramandato interessantissime opere letterarie in tutti i campi dello scibile, con precisione, brio, gusto, essenzialità insospettata.

La credenza egizia che le iscrizioni assegnano l'immortalità non solo a quanto viene scritto ma a coloro di cui si scriva, li ha portati ad abbondare nel dotare anche le tombe di una fitta serie di trascrizioni. Questo ci ha fatto pervenire non solo pietre mute, come sono spesso le antiche vestigia diroccate, ma documenti parlanti che ci danno un resoconto completo circa la costruzione di un'opera architettonica (o altro) con estensione di altri dati personali e sociali.

Il geroglifico è fusione di pittogramma, di ideogramma e di fonogramma.

Pittogramma è il disegno di qualcosa di concreto. L'ideogramma è usato per rappresentare l'astratto, ricorrendo al concreto che lo produce (per indicare il vento si disegna un albero piegato). Il fonogramma è ottenuto usando un disegno (pittogramma o ideogramma) aggiuntivo di segni convenzionali che ne indicano il valore fonetico; in tal modo si erano ottenuti 26 simboli diversi, corrispondenti ad altrettanti suoni possibili del parlato.

Tale metodo anziché portare ad un numero esiguo di segni, conduce invece ad un migliaio di segni. Per questo la scrittura era riservata a pochi eletti, gli scribi, che godevano di speciale prestigio sociale.

Essi potevano scrivere incidendo tavolette di legno o piastre di terracotta secca. Per le trascrizioni più importanti usavano il più costoso papiro.

 

 

 

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