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TEMPLI GRECI

     

  Per quasi un millennio la cultura greca antica ha perfezionato i suoi modelli architettonici religiosi, dai primitivi in legno ai successivi in pietra. Può sorprendere che ne sia sortita una tipologia pressoché unica in tale largo lasso di tempo, al cospetto di diverse evoluzioni e tradizioni locali, soprattutto in rapporto al gran numero delle loro divinità maggiori e minori, di distinto peso e funzione.

       Al marcato politeismo, sia pure tutto antropomorfico, si affiancavano divinità minori e semidei di diversa incidenza nella vita psichica e sociale dell’epoca: ogni luogo aveva una propria divinità protettrice e ogni attività umana, materiale o spirituale, aveva un proprio beniamino eppure i templi loro dedicati differivano non per la loro importanza gerarchica quanto per la diversa disponibilità dei cittadini e dei luoghi che glieli dedicavano.

Tempio di Nettuno - Paestum

 

     La declinazione nei tre stili classici (Il dorico virilmente essenziale, lo ionico femminilmente delicato, il corinzio neutralmente opulento) rappresenta la massima varianza temporale e locale, insufficiente ad esprimere la sconfinata varietà degli attributi delle divinità di riferimento.

       Tanta uniformità tipologica ha però sortito l’effetto del continuo affinamento delle tecniche costruttive  e delle simbologie connesse.

        Stabiliti gli equilibri formali con l’adozione del legno, quando si passò alla pietra non si volle studiare le espressività del nuovo materiale ma le si impose di ripetere i canoni stilistici super collaudati del legno: le scanalature mascheravano le eventuali fessurazioni dei tronchi dei fusti di colonna, il capitello a cuscino anticipava la possibile deformazione per compressione, il capitello a volute esaltava il prevedibile arricciamento delle mensole, il passo breve delle colonne evitava possibili inarcamenti delle travi, i triglifi consolidavano la presenza di aggetti delle travature, l’entasi delle colonne fissava il momento del rigonfiamento del materiale soggetto a massima compressione.

       Tutte le strutture erano al contempo espressione di mobilità (cioè vivezza o partecipazione del materiale all’azione statica) e di fissità (cioè pietrificazione dello sforzo e suo rinvio all’immutabilità dell’immortalità).

        Taluni filoni critici hanno adombrato il falso artistico mostrato da un materiale (la pietra) che ne celebra un altro (il legno); in chiave più moderna si può intendere che il tempio greco è sintesi del concreto e dell’astratto, della vita e della morte, del gesto occasionale che trascende all’eterno.

      Si osservi che la pietra dei templi era ricoperta di stucchi colorati che impedivano la leggibilità diretta del materiale e assegnavano altra astrattezza alle strutture e alle loro forme; i colori finali enunciavano i ruoli quasi rivestendo le architetture di paramenti sacri rituali.

Tempio della Concordia  - Agrigento

 

     I templi si componevano di una cella che ospitava l’effigie della divinità, uno o più vestiboli per i rituali e per la conservazione dei tesori (scorte ed ex voto), un colonnato con portico sempre sul davanti, colonnati e portici sul retro e sui lati in rapporto alla ricchezza e alla popolarità tra gli offerenti.

        L’assenza dell’arco, sconosciuto o inviso ai Greci, costringeva a luci modeste tra gli appoggi così da aversi una scala umana in linea con l’antropomorfismo degli Dei.

         I templi apparivano solidi e compatti, segnati da verticalismi scevri da componenti di spinte laterali, protetti da tetti a due falde di dolce spiovente, conformati a dimore solenni, situate in suggestivi luoghi panoramici od all’interno degli abitati ma su luoghi rilevati, sempre innalzati da terra su gradoni di varia rilevanza.

     Oggi ammiriamo centinaia di vestigia di templi Greci sopravvissuti, di nessuno godiamo la completezza originale, tantomeno gli effetti degli stucchi e dei colori che li personalizzavano, ma abbiamo sufficienti elementi per apprezzarne la suprema bellezza, forse insuperata, godiamo il loro fascino di opere incomplete e  del loro sofferto vissuto e la complessa semplicità della loro tipologia tanto da continuare ad attingervi per moderni complessi architettonici che quantomeno ne citano le facciate e gli avancorpi.

 

 
 
 
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